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Un mare di plastica

09/04/2019

Pratica, economica e indistruttibile. Finisce a tonnellate nei fiumi e negli oceani. E poi?

di Mario Tozzi

Articolo tratto dalla rivista Touring Magazine
 
La plastica è stata forse la scoperta tecnologica più rilevante dall’età dei metalli, permettendoci di sostituire questi ultimi: il secchio di zinco, per esempio, pesante e che si lerciava subito, con una scintillante catinella bianca, leggerissima e facile da pulire. Del resto, basta guardarsi attorno: cosa ne sarebbe del nostro mondo senza plastica? In pratica si tornerebbe all’età della pietra: basti pensare che non ci sarebbero né computer né smartphone. Per non parlare di stoviglie, accessori per la casa e per l’auto, sedie, tavolini, dvd, penne, bottiglie. Quasi tutto. Ma, fino al XX secolo, della plastica avevamo fatto tranquillamente a meno, senza per questo restare nel Medioevo. Infatti si campava lo stesso, e presumibilmente eravamo meno felici.


Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico italiano

Le radici delle plastiche affondano nel XVIII secolo, quando viene ricavata la nafta come sottoprodotto della lavorazione del carbone. Poi, con l’avvento del petrolio, dovunque ci sia una raffineria si mette in funzione un impianto chimico che produce plastiche dai suoi sottoprodotti, fabbricando etilene, un idrocarburo che è la madre di tutta la plastica. A quel tempo, ogni anno, si producevano 45 milioni di tonnellate di polietilene. Nel 1955 la rivista Life titolava “Vita usa e getta”: per la prima volta un oggetto poteva essere acquistato a un prezzo più basso di quello che sarebbe costato ripararlo. Nel 1947 era comparso il primo flacone di plastica (che conteneva un deodorante). E, a partire da quegli anni, la spirale dell’usa e getta ha consumato le risorse del pianeta e colonizzato le coscienze degli umani, incapaci ormai anche solo di pensare che un altro mondo, senza plastiche, sia possibile, pure se quello era il mondo dei nostri genitori ed era possibilissimo.

Oggi siamo arrivati a oltre 300 milioni di tonnellate di plastica all’anno: dove va a finire tutto questo materiale, in linea di principio non riciclabile perché indistruttibile (almeno alla scala dei tempi umani)? In mare, ovviamente, il più grande secchio della spazzatura che il pianeta ci ha messo a disposizione. E nel mare ci finisce attraverso i fiumi.

Gli amanti della tecnologia a tutti i costi sostengono che la colpa è delle persone: basterebbe non gettare i rifiuti per strada e i fiumi non li condurrebbero al mare. Se si ragiona così, il problema sarebbero le persone che utilizzano la tecnologia in modo sbagliato, non la tecnologia in sé. Non credo sia così, penso, anzi, che il problema stia nel fatto che il livello tecnologico attuale non permette di discernere la tecnologia utile da quella inutile e dannosa, perché la tecnologia avanza tutta insieme o non avanza affatto. E dunque non riusciamo a fare a meno della plastica. E pure del senso di colpa di non saper riciclare abbastanza bene.